A passeggio con Pappy

Essere un mio sub significa essere pronti a tutto.
Significa affidarsi a me, mettersi nelle mie mani e accettare di buon grado qualsiasi cosa accada. Qualsiasi. Che sia dover fare una noiosissima ricerca o avere il privilegio di stare ai miei piedi, che sia farsi 100km per vedermi 10 minuti o stare due giorni interi con me.
Io comando, io decido, loro ringraziano.


“Usciamo a fare una passeggiata, voglio prendermi un gelato”
“Sì, Padrona.”
Ci siamo conosciuti durante periodo di covid e lockdown (vd qui) e non abbiamo avuto tante occasioni di stare insieme all’aperto, in mezzo alla gente. Lui sa che deve camminare alla mia sinistra, un passo dietro di me. Sa che mi deve aprire le porte e spostare la sedia quando mi siedo a un tavolo, ma ancora non sa quanto mi piaccia e mi diverta sottolineare costantemente il divario che c’è tra noi affinché anche la gente che ci guarda se ne accorga.
“Paga lui” o “ci pensa lui”, cose del genere. Un commento, un sorriso, uno sguardo. Sottile, discreto, ma così palese.
E così, col sapore di nocciola ancora sulle labbra, ci fermiamo a un bancomat. E’ la sua seconda volta ed è eccitato da morire. Lo guardo negli occhi e mi faccio dare la carta, mi detta il pin. Ce l’ho in pugno, letteralmente. La mia voce, i miei occhi, il mio sorriso e il mio profumo sono una droga potentissima e lui è strafatto, farebbe qualsiasi cosa per averne ancora, per averne di più, perché non smetta mai. E’ impossibile nascondere l’erezione. Prendo i miei soldi mentre gioco col collare che gli ho messo al collo quasi un anno fa, lui è completamente perso.
“Torniamo all’airbnb, perché adesso ti finisco”.
Lo faccio inginocchiare in un vicolo e gli ordino di baciarmi i piedi. Lui continua a dirmi quando non capisca più un cazzo.
Torniamo all’airbnb e, come promesso, gli do il colpo di grazia. Mi piace vederlo completamente perso. Mi piace quando non riesce a smettere di guardarmi come se non esistesse nient’altro e nient’altro avesse senso. Mi nutro di quell’adorazione e venerazione che non può fare a meno di provare nei miei confronti. La sua eccitazione è incontenibile, è in quello stato mentale in cui farebbe qualsiasi cosa senza nemmeno pensarci, e a me questo piace da morire. Cervello spento, un burattino nelle mie mani, un giocattolo da usare e maltrattare.
Mi piace e mi eccita.
Per fargli capire quanto, gli strofino le mie mutandine bagnate in faccia, gliele infilo in bocca, gliele strofino sul naso: marco la mia proprietà con il mio odore. Lui si sente esplodere e mi implora di poterne avere ancora.
“Niente figa per quelli come te, solo piedi”, gli sussurro mentre gli infilo un piede in bocca. Lui fa fatica a trattenersi e diventa sempre più difficile, mentre gli sputo in bocca e gioco a distruggerlo.
E’ mio.
Non esiste senza di me. Non vive senza di me.
Si è affidato a me, si è messo nelle mie mani.
Io comando, io decido, lui ringrazia.

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